sabato 8 dicembre 2012

Argomento a piacere: La schiavitù nel Medioevo


Il nome schiavo deriva da "slavo", cioè barbaro, questo perchè quella era la loro origine prevalente. La schiavitù è il fatto che contrassegna più profondamente la mentalità delle antiche civiltà, che la considera come cosa naturale e necessaria. Sembra difficile pensare queste cose riferite alle antiche società, ma è ancora più sorprendente pensare che, dopo la scomparsa della schiavitù nel Medioevo, questa riapparve nel 1600.
Tra i due tipi di "schiavitù", infatti, quella classica e quella  medievale, ci fu un cambiamento molto importante: nell'età medievale lo schiavo diventò servo e si incominciò a trattarlo come un essere umano e non più come una osa; grazie a questo cambiamento il servo acquisì tutti i diritti di un uomo: infatti ebbe la possibilità di sposarsi, di fare figli ai quali   poteva lasciare tutti i suoi possedimenti.

Nel Medioevo il feudatario non poteva decidere se un servo doveva vivere oppure no, ma poteva solo comandarlo durante il suo lavoro nei campi come servo della gleba. In conclusione si può dire che nel Medioevo la posizione dello 'schiavo' era radicalmente modificata in positivo, questo grazie all'apporto della Chiesa, ma una parte importante l'ebbe anche il mutamento delle condizioni economiche. Nonostante questo la schiavitù non scomparì  mai definitivamente, ma  in quest'epoca essa diminuì in modo evidente,  per riapparire con altrettanta evidenza nel Rinascimento, quando persino il Papa ricorreva al servizio di schiavi.

Nell'Europa medievale in realtà la schiavitù finì anche perché la Chiesa estese a tutti gli schiavi i sacramenti e fece in modo di far proibire la schiavitù per i cristiani e gli ebrei, tanto da ottenere una abolizione totale della schiavitù nelle terre dei re cristiani; non mancavano però provvedimenti dei comuni: si ricordi ad esempio il Liber Paradisus con cui nel 1256 furono liberati a Bologna i servi della gleba e anche gli schiavi al cui traffico i comuni partecipavano. Se la schiavitù era proibita, questo non valeva per il commercio degli schiavi. Durante tutto il medioevo questo commercio fu fiorente, ed il principale mercato era la città di Verdun, in cui giungevano soprattutto dalla Polonia e venivano inviati via Spagna nei paesi arabi. Non per niente i primi paesi europei a proibire il commercio di schiavi furono Polonia e Lituania nel XVI secolo. I mercanti erano principalmente ebrei (ai cristiani era proibito). Si osservarono però i primi fenomeni di traffico marittimo di schiavi africani, dato che nei Paesi Islamici la schiavitù allora prosperava. Questa pratica avrebbe avuto maggior espansione in età moderna, dopo le grandi scoperte geografiche. La tendenza di fondo era chiara: la schiavitù non avrebbe più colpito le popolazioni cristiane, ma ne avrebbe colpite altre. Per esempio, nel 1430 gli spagnoli colonizzarono le Isole Canarie ed asservirono la popolazione locale, schiavizzandola. Quando il Papa Eugenio IV venne a conoscenza di quanto accadeva emise una bolla papale contro la schiavitù, la "Sicut dudum" che però fu ignorata dagli spagnoli.

martedì 13 novembre 2012

La rinascita: lo sviluppo agricolo e demografico

La rinascita dell'Occidente:
Intorno al Mille in Europa ci fu una ripresa, definita la "rinascita dell'Occidente". La crescita della popolazione e quella economica si stimolarono a vicenda, grazie anche ad alcuni cambiamenti:

  • un miglioramento del clima che favorì l'agricoltura
  • la cessazione delle invasioni
  • nuovi strumenti modificarono il modo di lavorare dei contadini
  • migliorarono le tecniche agricole, con il passaggio della rotazione biennale a quella triennale
  • nuove terre vennero dissodate e bonificate

Nuovi strumenti:
Intorno al Mille si diffuse un collare rigido che si appoggiava sulle spalle dell'animale e che non gli impediva di respirare anche quando era sotto sforzo. Ciò ne migliorò la produttività e favorì l'introduzione dell'aratro pesante. Si trattava di un aratro in ferro montato su ruote, per rendere più agevole il traino.

Aratro leggero

Aratro pesante

Grazie all'uso del ferrò venne introdotta la ferratura degli zoccoli per i cavalli e il cavallo da tiro sostituì il bue.
Il perfezionamento delle tecniche agrarie consentì non solo un aumento della produttività agricola ma anche un'estensione delle superfici coltivabili.
A questa invenzione, si aggiunse la diffusione del mulino ad acqua o a vento. Già i Romani conoscevano il mulino, ma fu in questo periodo che si comprese che l'energia naturale poteva essere trasformata in lavoro in modo meccanico.

La rotazione triennale dei campi

Rotazione triennale
Nel mondo medievale l'unico concime conosciuto era il letame, ma da solo non era sufficiente a far crescere nuove piante. Perciò era necessario far riposare periodicamente il terreno con la rotazione delle colture.
Prima del Mille, le zone coltivabili erano per lo più divise in due parti: rotazione biennale.
Verso il Mille, venne estesa in gran parte del territorio europeo, dove le condizioni climatiche lo consentivano, la rotazione triennale.

La crescita demografica e le nuove terre
Dopo il mille ci fu un aumento della popolazione: questo permise di ampliare i terreni coltivabili (dato che c'era più manodopera).
Nacquero nuovi villaggi in pianura e in collina; in seguito anche sulle montagne dove in passato erano luoghi abitati solo da monaci ed eremiti.

martedì 23 ottobre 2012

Il sistema curtense

La riorganizzazione dell'economia
La crisi impose una riorganizzazione dell'economia. Si passò ad un'economia locale, essenzialmente agraria e poco differenziata:
  • locale, per il sostanziale arresto dei traffici;
  • essenzialmente agraria, perché la terra diventò quasi l'unica fonte di ricchezza;
  • poco differenziata, perché ogni comunità ricercò l'autosufficienza e per questo intraprese le medesime attività.
Il numero considerevole di piccoli e medi proprietari, che esposti alle violenze dei barbari, alle rapine dei banditi, agli abusi dei pubblici ufficiali o dei vicini più forti, cercarono rifugio nella protezione di un potente proprietario a cui si sottoponevano (commendatio). Queste persone rinunciavano a essere liberi proprietari, divenendo semplici possessori legati da un vincolo di dipendenza al loro dominus (signore, padrone).
Questo determinò un significativo aumento delle grandi proprietà, laiche ed ecclesiastiche, che con il tempo si trasformarono in vere e proprie signorie entro le quali il dominus esercitava funzioni sovrane.
I sovrani longobardi e carolingi per assicurarsi la collaborazione militare dei propri uomini ricompensarono i servigi attraverso la concessione di una parte delle loro terre, dietro giuramento di fedeltà. I beneficiari della terra divenivano quindi dipendenti del sovrano.
Questa nuova diffusione produttiva fu chiamata sistema curtense.




La curtis
Durante l'Alto Medioevo, dalla caduta dell'Impero romano d' Occidente fino all'anno Mille, la terra venni divisa in possedimenti chiamati curtes o villae.  Le curtes  potevano essere di varie dimensioni, appartenevano al dominus, che poteva essere il re, la Chiesa o un signore locale.
Ogni curtis era divisa in due parti:
  • la pars dominica, da dominus, la parte riservata al padrone e gestita da lui direttamente attraverso il lavoro dei suoi servi.
  • la pars massaricia, da massarius (contadino), la parte affidata in concessione a servi o a contadini liberi. Era suddivisa in mansi; erano dei piccoli appezzamenti di terreno con al centro la  la casa dei contadini. Potevano essere di due tipi: mansi ingenuili (affidati a contadini liberi), mansi servili (affidati a servi che godevano di una certa autonomia). In cambio dell'uso del terreno entrambi erano tenuti a versare al loro signore parte del raccolto, a lavorare i terreni della pars dominica (presentando un certo numero di giornate lavorative chiamate corvées, opera richiesta) e a pagare diversi tributi in natura o in denaro.
In sostanza, la funzione della pars massaricia consisteva nel fornire al padrone la manodopera necessaria per la lavorazione della sua terra (pars dominica), dato che i pochi servi di cui disponeva non sarebbero stati sufficienti.


martedì 16 ottobre 2012

La crisi dell'economia dell'Impero romano

Una ricerca economica urbana e monetaria
I due secoli e mezzo di pace che seguirono il principato di Augusto furono un periodo di prosperità economica per l'Impero romano. Le cause principali furono tre:
- la pace e la stabilità politica
- la presenza di un'efficace rete di comunicazioni
- l'unità amministrativa

Le origini della crisi
Quella romana era un economia monetaria molto sviluppata e il centro di questo sistema economico erano le cittàLa pace comportò cambiamenti che nel lungo periodo diventarono elementi di crisi.
  • Si ridusse l'afflusso dei prigionieri di guerra, fonte principale per il mercato degli schiavi. La mancanza di manodopera servile divenne fonte di crisi sia per le proprietà terriere sia per le manifatture. Le grandi proprietà vennero frazionate in poderi dati in affitto a coloni; tale sistema però non riuscì a mantenere il livello produttivo precedente.
  • L'amministrazione centrale e periferica esigeva una numerosa e costosa burocrazia professionale, così come la difesa e la vigilanza dei confini, impegnavano molti militari. Le spese ordinarie dell'impero divennero notevoli e si trasformarono in un pesante carico fiscale, sopratutto per i proprietari terrieri.
  • La Gallia e la penisola iberica, svilupparono una propria economia divenendo temibili concorrenti, sia per i prodotti artigianali sia per quelli agricoli. Per le merci più voluminose la concorrenza delle provincie fu favorita dal miglioramento delle reti di comunicazione fluviale. Quindi la Gallia e la Germania occidentale erano avvantaggiate perchè potevano usufruire di numerosi fiumi navigabili.
Un ulteriore fatto che determinò la fine della pace dell'Impero furono le invasioni del V secolo.
Le necessità della difesa militare s'imposero su tutto e determinarono il tramonto dell'antica prosperità. Questo causò:
- l'aumento delle tasse
- i prodotti agricoli scarseggiarono e costarono sempre di più (inflazione)
- le guerre civili e le incursioni dei barbari determinarono una condizione di generale insicurezza e la rovina della rete stradale romana; tutto ciò causò il crollo del commercio
- i consumi di lusso diminuirono drasticamente, determinando la crisi dell'artigianato

Occidente e Oriente
L'Oriente, più ricco e più organizzato politicamente , affrontò meglio la crisi e trasmise l'eredità della romanità all'Impero bizantino. L'Occidente invece si avviò verso la rovina e la disgregazione.
La situazione del VI secolo evidenzia due diversi destini:
  • l'Impero bizantino conobbe con Giustiniano il momento di maggior splendore della sua storia.
  • l'Occidente attraversò una profonda crisi caratterizzata da una regressione demografica ed economica.
L'Oriente, più ricco e più organizzato politicamente , affrontò meglio la crisi e trasmise l'eredità della romanità all'Impero bizantino. L'Occidente invece si avviò verso la rovina e la disgregazione.
La situazione del VI secolo evidenzia due diversi destini:
Nel secolo successivo in Oriente nacque la grande civiltà islamica.

La crisi dell'Occidente
L'Occidente conobbe il momento più duro di crisi dal VI all'VIII secolo.
I problemi più gravi furono l'abbandono delle città e lo spopolamento, il deterioramento dell'economia monetaria e la crisi dell'agricoltura.
Molti cittadini romani furono costretti a emigrare dalle città anche grazie ai freni che lo Stato pose alle distribuzioni gratuite di grano ai cittadini bisognosi.
All'emigrazione si aggiunse la diminuzione della natalità.
Lo spopolamento si accentuò  a causa delle stragi, delle carestie e delle epidemie che accompagnarono le invasioni barbariche.
L'aumento eccessivo delle spese statali e la disorganizzazione commerciale determinarono un progressiva svalutazione della moneta. La moneta d'oro (aureus) perse valore già con Nerone.
La svalutazione della moneta d'argento raggiunse un punto tale che lo Stato non accettò più come pagamento le monete coniate nelle proprie zecche ed esigette che parte delle imposte fossero pagate in natura.
La crisi dell'economia monetaria riportò in molte zone una situazione di economia naturale. Il sale fu l'unico genere per cui continuò un commercio di massa. Per il resto il baratto e l'autoconsumo sostituirono quasi completamente lo scambio su base monetaria.
La diminuzione della popolazione implicò la diminuzione dei campi coltivati e nei campi incolti tornarono a svilupparsi le foreste che si estesero su gran parte dell'Europa.
Gli avanzati metodi di produzione romani furono abbandonati.
Gli attrezzi in metallo erano scarsi: in genere gli aratri erano di legno e solo raramente venivano ricoperti con una sottile lamina di metallo. Di conseguenza erano inutilizzabili per arare terreni pesanti e creavano difficoltà anche con i terreni leggeri.


Nelle aree dov'era più forte l'influenza germanica la regressione fu ancora più pesante. Nell'Italia longobarda si tornò ad un economia prevalentemente pastorale.