martedì 23 ottobre 2012

Il sistema curtense

La riorganizzazione dell'economia
La crisi impose una riorganizzazione dell'economia. Si passò ad un'economia locale, essenzialmente agraria e poco differenziata:
  • locale, per il sostanziale arresto dei traffici;
  • essenzialmente agraria, perché la terra diventò quasi l'unica fonte di ricchezza;
  • poco differenziata, perché ogni comunità ricercò l'autosufficienza e per questo intraprese le medesime attività.
Il numero considerevole di piccoli e medi proprietari, che esposti alle violenze dei barbari, alle rapine dei banditi, agli abusi dei pubblici ufficiali o dei vicini più forti, cercarono rifugio nella protezione di un potente proprietario a cui si sottoponevano (commendatio). Queste persone rinunciavano a essere liberi proprietari, divenendo semplici possessori legati da un vincolo di dipendenza al loro dominus (signore, padrone).
Questo determinò un significativo aumento delle grandi proprietà, laiche ed ecclesiastiche, che con il tempo si trasformarono in vere e proprie signorie entro le quali il dominus esercitava funzioni sovrane.
I sovrani longobardi e carolingi per assicurarsi la collaborazione militare dei propri uomini ricompensarono i servigi attraverso la concessione di una parte delle loro terre, dietro giuramento di fedeltà. I beneficiari della terra divenivano quindi dipendenti del sovrano.
Questa nuova diffusione produttiva fu chiamata sistema curtense.




La curtis
Durante l'Alto Medioevo, dalla caduta dell'Impero romano d' Occidente fino all'anno Mille, la terra venni divisa in possedimenti chiamati curtes o villae.  Le curtes  potevano essere di varie dimensioni, appartenevano al dominus, che poteva essere il re, la Chiesa o un signore locale.
Ogni curtis era divisa in due parti:
  • la pars dominica, da dominus, la parte riservata al padrone e gestita da lui direttamente attraverso il lavoro dei suoi servi.
  • la pars massaricia, da massarius (contadino), la parte affidata in concessione a servi o a contadini liberi. Era suddivisa in mansi; erano dei piccoli appezzamenti di terreno con al centro la  la casa dei contadini. Potevano essere di due tipi: mansi ingenuili (affidati a contadini liberi), mansi servili (affidati a servi che godevano di una certa autonomia). In cambio dell'uso del terreno entrambi erano tenuti a versare al loro signore parte del raccolto, a lavorare i terreni della pars dominica (presentando un certo numero di giornate lavorative chiamate corvées, opera richiesta) e a pagare diversi tributi in natura o in denaro.
In sostanza, la funzione della pars massaricia consisteva nel fornire al padrone la manodopera necessaria per la lavorazione della sua terra (pars dominica), dato che i pochi servi di cui disponeva non sarebbero stati sufficienti.


martedì 16 ottobre 2012

La crisi dell'economia dell'Impero romano

Una ricerca economica urbana e monetaria
I due secoli e mezzo di pace che seguirono il principato di Augusto furono un periodo di prosperità economica per l'Impero romano. Le cause principali furono tre:
- la pace e la stabilità politica
- la presenza di un'efficace rete di comunicazioni
- l'unità amministrativa

Le origini della crisi
Quella romana era un economia monetaria molto sviluppata e il centro di questo sistema economico erano le cittàLa pace comportò cambiamenti che nel lungo periodo diventarono elementi di crisi.
  • Si ridusse l'afflusso dei prigionieri di guerra, fonte principale per il mercato degli schiavi. La mancanza di manodopera servile divenne fonte di crisi sia per le proprietà terriere sia per le manifatture. Le grandi proprietà vennero frazionate in poderi dati in affitto a coloni; tale sistema però non riuscì a mantenere il livello produttivo precedente.
  • L'amministrazione centrale e periferica esigeva una numerosa e costosa burocrazia professionale, così come la difesa e la vigilanza dei confini, impegnavano molti militari. Le spese ordinarie dell'impero divennero notevoli e si trasformarono in un pesante carico fiscale, sopratutto per i proprietari terrieri.
  • La Gallia e la penisola iberica, svilupparono una propria economia divenendo temibili concorrenti, sia per i prodotti artigianali sia per quelli agricoli. Per le merci più voluminose la concorrenza delle provincie fu favorita dal miglioramento delle reti di comunicazione fluviale. Quindi la Gallia e la Germania occidentale erano avvantaggiate perchè potevano usufruire di numerosi fiumi navigabili.
Un ulteriore fatto che determinò la fine della pace dell'Impero furono le invasioni del V secolo.
Le necessità della difesa militare s'imposero su tutto e determinarono il tramonto dell'antica prosperità. Questo causò:
- l'aumento delle tasse
- i prodotti agricoli scarseggiarono e costarono sempre di più (inflazione)
- le guerre civili e le incursioni dei barbari determinarono una condizione di generale insicurezza e la rovina della rete stradale romana; tutto ciò causò il crollo del commercio
- i consumi di lusso diminuirono drasticamente, determinando la crisi dell'artigianato

Occidente e Oriente
L'Oriente, più ricco e più organizzato politicamente , affrontò meglio la crisi e trasmise l'eredità della romanità all'Impero bizantino. L'Occidente invece si avviò verso la rovina e la disgregazione.
La situazione del VI secolo evidenzia due diversi destini:
  • l'Impero bizantino conobbe con Giustiniano il momento di maggior splendore della sua storia.
  • l'Occidente attraversò una profonda crisi caratterizzata da una regressione demografica ed economica.
L'Oriente, più ricco e più organizzato politicamente , affrontò meglio la crisi e trasmise l'eredità della romanità all'Impero bizantino. L'Occidente invece si avviò verso la rovina e la disgregazione.
La situazione del VI secolo evidenzia due diversi destini:
Nel secolo successivo in Oriente nacque la grande civiltà islamica.

La crisi dell'Occidente
L'Occidente conobbe il momento più duro di crisi dal VI all'VIII secolo.
I problemi più gravi furono l'abbandono delle città e lo spopolamento, il deterioramento dell'economia monetaria e la crisi dell'agricoltura.
Molti cittadini romani furono costretti a emigrare dalle città anche grazie ai freni che lo Stato pose alle distribuzioni gratuite di grano ai cittadini bisognosi.
All'emigrazione si aggiunse la diminuzione della natalità.
Lo spopolamento si accentuò  a causa delle stragi, delle carestie e delle epidemie che accompagnarono le invasioni barbariche.
L'aumento eccessivo delle spese statali e la disorganizzazione commerciale determinarono un progressiva svalutazione della moneta. La moneta d'oro (aureus) perse valore già con Nerone.
La svalutazione della moneta d'argento raggiunse un punto tale che lo Stato non accettò più come pagamento le monete coniate nelle proprie zecche ed esigette che parte delle imposte fossero pagate in natura.
La crisi dell'economia monetaria riportò in molte zone una situazione di economia naturale. Il sale fu l'unico genere per cui continuò un commercio di massa. Per il resto il baratto e l'autoconsumo sostituirono quasi completamente lo scambio su base monetaria.
La diminuzione della popolazione implicò la diminuzione dei campi coltivati e nei campi incolti tornarono a svilupparsi le foreste che si estesero su gran parte dell'Europa.
Gli avanzati metodi di produzione romani furono abbandonati.
Gli attrezzi in metallo erano scarsi: in genere gli aratri erano di legno e solo raramente venivano ricoperti con una sottile lamina di metallo. Di conseguenza erano inutilizzabili per arare terreni pesanti e creavano difficoltà anche con i terreni leggeri.


Nelle aree dov'era più forte l'influenza germanica la regressione fu ancora più pesante. Nell'Italia longobarda si tornò ad un economia prevalentemente pastorale.